di Claudia Viggiani
Il mio lavoro mi porta spesso, anzi direi sempre, in giro per il centro di Roma dove, tra un appuntamento e un altro, mi imbatto in capolavori che continuano a sbalordirmi per la loro secolare storia e l’inenarrabile bellezza. Oggi, libera da impegni di lavoro, ho addirittura potuto visitare, nell’arco di due ore circa, la basilica di Santa Maria Maggiore e quella di Santa Prassede -che sono vicinissime e risplendono di mosaici unici – per poi proseguire in motorino fino al Colosseo.
Prima di raggiungere la mia meta, ho attraversato strade con torri medievali, chiese antiche, palazzi imponenti e il Colle Oppio, con i maestosi resti delle Terme di Traiano.
Sono infine entrata nell’antica Chiesa di San Pietro in Vincoli dove ho potuto ammirare il Mosè di Michelangelo, realizzato, insieme ad altre sculture, per il mausoleo di papa Giulio II della Rovere.
Le sofferenze che l’artista subì per molti decenni, a causa di quella che egli stesso definì “la tragedia della sepoltura” – opera di difficile realizzazione e per questo motivo rimasta incompiuta – sono qui espresse con ingegno e passione.
Il Mosè, impetuoso, impaurito, commovente e forte, mi ha fatto pensare alla fortuna immensa e impagabile che ho di vivere a Roma.
Non so se Michelangelo fosse consapevole del contributo che avrebbe dato alla mia gioia ma lo ringrazio comunque con devozione.
Tanta bellezza in una città che è la Bellezza, fa bene al mio cuore e Michelangelo è la mia ciliegina sulla torta.

Foto di Aurelio Amendola
Michelangelo, Mosè, 1513-1515 circa, ritoccata nel 1542, Basilica di San Pietro in Vincoli, Roma