di Claudia Viggiani

Se non fosse stato per l’ingegnoso progetto di Filippo Raguzzini, attuato tra il 1726 e il 1728, la piazza di Sant’Ignazio presenterebbe ancora oggi l’aspetto che tutti i contestatori dell’epoca avrebbero voluto che si mantenesse.
Per fortuna però le cose andarono diversamente e contro il popolo che voleva impedire la distruzione del vecchio per fare posto al nuovo tessuto urbano ed edilizio, intervenne anche il pontefice Benedetto XIII che aveva ritenuto “disdicevole che una chiesa e una facciata così insigne” si affacciassero su di un’indecorosa e scomoda piazzetta, occupata da immobili in precario stato di conservazione e dalla scadente qualità energetica.

Piazza Sant'Ignazio

Veduta di piazza Sant’Ignazio prima delle demolizioni del 1726

Così le case furono distrutte per volontà dei Gesuiti che secondo Francesco Valesio (Diario di Roma, 1729-42), “posero mano al cavare de’ fondamenti della fabbrica che fanno avanti la chiesa di S. Ignazio con pochissima piazza, contro l’aspettazione di tutti, onde hanno udite delle maldicenze loro dette sul viso da persone che in coppia vanno a vedere quel diroccare di case”.
I nuovi edifici di Raguzzini, progettati per essere affittati al ceto medio, presentano ancora oggi un elegante disegno curvilineo, derivato da uno schema geometrico basato su tre ovali tangenti e scandito da un’intelaiatura lineare con un accentuato sviluppo verticale.

Piazza Sant'Ignazio

Disegno ricostruttivo della piazza

I cantonali smussati ammorbidiscono le linee architettoniche limitando, come in un morbido abbraccio di berniniana memoria, lo spazio della corte, strettamente collegato al tessuto urbano circostante.
Le linee concave movimentano le superfici e donano ai prospetti l’ideale compito di proteggere lo spazio compreso tra gli edifici e la chiesa.
E pensare che, quando la piazza fu ultimata, Francesco Milizia, autore de La vita dei più celebri architetti (1768), in uno dei suoi caustici commenti critici nei confronti delle opere degli architetti romani degli ultimi due secoli, tra i quali Francesco Borromini, affermò che era stata “deturpata da quelle ridicole case a foggia di canterani”.
Per fortuna però i giudizi negativi sortiscono quasi sempre un effetto opposto su chi la vita la guarda con i propri occhi: piazza Sant’Ignazio e le architetture di Raguzzini sono oggi tra le più amate e ammirate di tutta Roma.

Ringrazio Paolo Portoghesi, Giorgio Muratore, Marco Dezzi Bardeschi, Antonio De Martino e tutti gli amici architetti e urbanisti per avermi mostrato il lato più bello del loro lavoro.